Alla ricerca di altre forme di vita: i Ritmi Biologici6 min read

Un’ora vive la gialla farfalla ma il tempo ha che le basta.
Rabíndranáth Thákhur

Questa citazione viene attribuita al poeta indiano del XX secolo Rabindranath Tagore, ma probabilmente è più antica. Indica come la percezione del tempo intesa come scala temporale di vita di qualsiasi organismo è funzione unicamente del suo ciclo vitale. Di conseguenza ogni forma di vita ha i propri cicli vitali, molto diversi dagli altri e non sempre li percepiamo.

biological clockViene comune misurare ancora il tempo in generazioni umane, ossia l’intervallo temporale che c’è tra la nascita dei genitori e i loro figli, ma l’aspettativa di vita in questi 200 mila anni di homo sapiens è mutata tantissimo, da appena 15-20 di allora agli 80 di oggi, allungando di conseguenza l’intervallo generazionale da 10 anni della preistoria ai 25-30 di oggi.
Anche l’uso dell’intervallo di tempo che occorre alla Terra per compiere un’orbita, che chiamiamo anno, è abbastanza arbitrario: ad esempio se vivessi su Marte avrei solo 25 anni, mentre se  usassi l’anno venusiano avrei oltre 76 anni!
L’unica misura temporale veramente adatta per descrivere le funzioni degli esseri viventi è paradossalmente la meno precisa di tutti dal punto di vista assoluto: il ritmo biologico 1 2.

Lo studio di questi cicli, o ritmi, prende il nome di cronobiologia 3, una branca della biologia che studia lo sviluppo nel tempo dei processi biologici.
Qualsiasi organismo uni o pluricellulare, vegetale o animale, eucariota o procariota  [1] 4 manifesta un qualche tipo di attività che si ripete a intervalli di tempo calcolabili. Molti di questi ritmi permangono per un tempo sufficientemente lungo anche al variare di una o più condizioni ambientali iniziali, e questo è un’importantissimo fattore di cui tener conto: la resistenza al cambiamento dei ritmi biologici. Nella pratica potremmo considerarli come la risposta evolutiva a certi habitat naturali da parte degli organismi biologici 5.

L’analisi dei cicli nei modelli biologici è importante per comprenderne la loro natura. Dal punto di vista matematico un qualsiasi processo biologico può essere inteso come un modello dinamico. Il comportamento caotico di questo rappresenta i ritmi biologici propri di ogni processo ed è molto più complesso dei comportamenti caotici di ogni altro sistema non biologico 6 7.

Quadro della teoria endosimbiotica. Lo sviluppo della vita su questo pianeta passa attraverso tre momenti cruciali in cui organismi più semplici si fondono insieme dando origine a diverse linee evolutive più complesse. La linea evolutiva che dagli eucarioti ha infine portato agli animali è quella che infine ha fatto emergere anche l'intelligenza sul pianeta.
Quadro della teoria endosimbiotica.
Lo sviluppo della vita su questo pianeta passa attraverso tre momenti cruciali in cui organismi più semplici si fondono insieme dando origine a diverse linee evolutive più complesse. La linea evolutiva che dagli eucarioti ha infine portato agli animali è quella che infine ha fatto emergere anche l’intelligenza sul pianeta.

Studiare le dinamiche espresse dai diversi ritmi biologici aiuta quindi a discernere i sistemi viventi dai sistemi non viventi che però possono manifestarsi allo stesso modo. Ad esempio molte reazioni chimiche e fisiche che possono avvenire in un organismo o in una sua parte possono essere in una certa misura prodotte anche da processi naturali più o meno insoliti ma comunque possibili. In questo caso, di norma, si applica il Rasoio di Occam o comunque si tende a considerare la spiegazione chimico-fisica come la più probabile proprio in virtù della complessità di un processo biologico di un organismo vivente. Individuare una certa ciclicità a queste reazioni e una certa resistenza al cambiamento ambientale potrebbe essere l’indizio per capire se ci troviamo di fronte a una forma di vita biologica o a un insolito fenomeno naturale.
Per comprendere quindi la reale natura di un dato processo osservato è necessario studiarne la sua ripetitività nel tempo e la dinamica della sua evoluzione. I ritmi circadiani sono solo uno dei tanti cicli propri di ogni organismo biologico vivente che i naturali processi non viventi possono soltanto pallidamente imitare. La ricerca di altre forme di vita elementari non può partire che da qui.


Note:

Note:

  1. Il termine ritmo circadiano, che è il più comune fra i vari ritmi biologici, deriva dalla parola latina circa che significa approssimativamente e diem che significa giorno. Le prime testimonianze dei ritmi circadiani risalgono al IV secolo a.C. in merito al movimento diurno delle foglie del tamarindo. Solo più tardi  fu ipotizzato un nesso tra la malattia umana epilessia e i cicli lunari da Areteo di Cappadocia (I secolo d.C.) che lo chiamò“morbo sacro”, credendo che la malattia fosse scatenata da aver peccato contro la dea Ecate. Ma Ippocrate prima e poi Galeno (129 -216 d.C.) esclusero la causa soprannaturale dell’epilessia, pur riconoscendo una qualche oscura relazione con il ciclo lunare. Il termine lunatico sembra comparire proprio in questo periodo e venne inizialmente attribuito a dementi ed epilettici. Eppure i primi dati scientifici certi furono opera dell’astronomo, matematico  e padre della cronobiologia francese Jean Jacques Dortous de Mairan, che nel 1729 notò uno schema ricorrente nella mimosa pudica.
  2. Nella scienza che studia i cicli temporali biologici, la cronobiologia, non ci sono solo i ritmi circadiani legati alla nota alternanza giorno/notte ma sono presenti anche altri cicli come i:

    • Ritmi infradiani: cicli più lunghi di un giorno, come la migrazione annuale o cicli di riproduzione presenti in alcuni animali o il ciclo mestruale negli esseri umani (ritmi circastagionali, ritmi circannuali)
    • Ritmi ultradiani: cicli più brevi di 24 ore, come il ciclo REM del sonno che dura circa 90 minuti, il ciclo nasale di 4 ore e il ciclo di 3 ore della produzione dell’ormone della crescita.
    • Ritmi di marea, comunemente osservati nella vita marina, che seguono il ciclo di marea legato al sistema Terra-Luna che è di circa 12,4 ore.
    • Ritmi circatrigintani, che seguono il mese lunare (29,5 giorni). Essi sono pertinenti ad esempio per la vita marina, come il livello delle maree è modulato dal ciclo lunare.
    • Ritmi genici: Alcuni geni possono esprimersi di più in certi periodi del giorno piuttosto che in altri.

  3. Qui è opportuno ricordare che lo studio dei cicli biologici, i ritmi circadiani etc. non ha niente a che vedere con la pseudoscienza dei bioritmi. Anche se il nome può trarre in inganno, la teoria dei bioritmi è paragonabile all’astrologia e la numerologia, da cui ha attinto molte affinità predittive.
  4. Fino alla metà degli anni ’80 si riteneva che i ritmi biologici fossero di pertinenza degli organismi eucarioti e che i più primitivi – evolutivamente parlando – procarioti ne fossero sprovvisti. Poi, nel 1985-86, diversi gruppi di ricerca scoprirono che anche i cianobatteri – organismi procarioti – esprimevano ritmi quotidiani nella fissazione dell’azoto in entrambi i cicli giorno/notte in presenza di luce costante.
  5. Appunto per questo dovremmo aspettarci ritmi anche molto diversi in ambienti completamente diversi come gli altri pianeti.
  6. Questo non è propriamente vero: l’oscillazione quasi caotica dell’asse di un pianeta trae origine dall’energia gravitazionale del sistema planetario oppure un oscillatore a transistori trae energia da una fonte elettrica esterna. Sono molti quindi in realtà i sistemi dinamici naturali, ma solo i sistemi biologici posseggono proprietà dinamiche che si esprimono su diversi livelli.
  7. Questo approccio è alla base delle ricerche mutuate dalla scienza medica che il prof. G. Bianciardi dell’Università di Siena ha applicato fin dal 2004 ai risultati dell’esperimento Labeled Release Experiment delle sonde Viking su Marte del dott. Miller.

    Chi volesse apprenderne di più consiglio questo PDF presente sulla pagina Scribd del Il Poliedrico: Application of the Lempel-Ziv complexity measure tothe analysis of biosignals and medical images.

Riferimenti:

  1. T. Huang, and N. Grobbelaar, "The circadian clock in the prokaryote Synechococcus RF-1", Microbiology, vol. 141, pp. 535-540, 1995. http://dx.doi.org/10.1099/13500872-141-3-535

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