La zona di abitabilità nel nostro Sistema Solare e in altri sistemi planetari8 min read

I potenziali pianeti abitabili scoperti nell’universo. Per un aggiornamento si visiti: PHL-Planetary Habitability Laboratory-University of Puerto Rico at Arecibo. Crediti: The Habitable Explanets Catalog, Planetary Habitability Laboratory, UPR, Arecibo.

Il dibattito sulla presenza di vita extraterrestre ha inizio nell’’antico mondo greco di Democrito, passando per il XVIII secolo con il grande lavoro di Immanuel Kant fino alle recenti scoperte dei pianeti extrasolari. La ricerca di vita nel nostro Sistema Solare annovera tra i suoi più grandi studiosi anche l’italiano Schiapparelli le cui osservazioni dei canali marziani compiute nel 1877 segnarono l’inizio di una grande epoca di ricerca delle condizioni atte allo sviluppo della vita con l’uso di strumenti scientifici.

La scoperta di Mc Kay et al. (1996) dei biomarcatori chimici e di possibili microfossili in un meteorite marziano denominato ALH 84001, trovato in Antartide nel dicembre 1984, stimolò la ricerca nella nuova ed emergente disciplina dell’astrobiologia. Marte riveste un grande interesse per l’astrobiologia ed è sicuramente il pianeta più  interessante dove cercare eventuali segni di vita passata, presente o futura.

Ancora oggi, si può affermare che la ricerca di vita extraterrestre riveste una grande importanza e sicuramente sarà uno dei temi dominanti della scienza del XXI secolo.

La storia e i destini dei tre pianeti terrestri, Venere, Terra e Marte, suggeriscono che una combinazione di vari aspetti quali la distanza dal Sole, le dimensioni planetarie, l’evoluzione geologica e forse anche quella biologica sono responsabili dell’abitabilità di un pianeta. Pianeti di tipo terrestre non possono rimanere abitabili se sono troppo vicini al Sole, entro l’orbita della nostra Terra, a causa delle temperature troppo alte e della perdita dell’acqua per fotodissociazione. D’altra parte, un pianeta di tipo terrestre che sia troppo distante dal Sole avrebbe temperature superficiali permanenti al di sotto del punto di congelamento dell’acqua e di conseguenza non potrebbe essere abitabile.

La zona di abitabilità (Habitable Zone, HZ) intorno al Sole è definita come la regione entra la quale un pianeta di tipo terrestre potrebbe godere di temperature superficiali moderate necessarie per forme di vita avanzate. Generalmente, questa definizione è equivalente all’esistenza di acqua liquida sulla superficie di un pianeta. Una tale definizione venne introdotta da Huang (1959, 1960) ed estesa da Dole (1964) e Shklovskii e Sagan (1966). Hart (1978, 1979) calcolò l’evoluzione dell’atmosfera terrestre su tempi scala geologici.

Un “pianeta simile alla Terra” viene inteso come un pianeta simile in massa e composizione al nostro. La sua massa deve essere sufficiente per mantenere una tettonica a placche in modo che il ciclo globale del carbonio possa operare e rendere stabile la temperatura superficiale.

E’ generalmente accettata l’idea che il clima della Terra è principalmente determinato dal livello atmosferico di CO2. Su tempi scala geologici, per esempio su centinaia di milioni di anni, il clima terrestre si è stabilizzato contro l’aumento di “insolazione” (che rappresenta la quantità di radiazione emessa dal Sole che raggiunge una data superficie nell’unità di tempo) grazie ad un feedback negativo sul ciclo globale del carbonio: temperature superficiali troppo elevate farebbero aumentare la formazione nuvolosa; di conseguenza aumenterebbero i processi meteorologici, come la pioggia o i temporali. A loro volta, tale aumento farebbe diminuire la quantità di CO2 nell’atmosfera e di conseguenza anche l’effetto serra. Nel caso di temperature superficiali più basse si avrebbe un ciclo simile ma con feedback positivo.

Sappiamo che al momento attuale solo la Terra presenta acqua allo stato liquido sulla sua superficie. E’ ben noto che Venere è troppo caldo per l’esistenza di acqua liquida.  Nell’orbita in cui si trova Venere l’insolazione è eccessivamente alta tanto che il feedback negativo del ciclo globale del carbonio si rompe: su Venere l’atmosfera diventa così ricca di vapore acqueo che la radiazione infrarossa sulla sua superficie non è in grado di sfuggire nello spazio. Le temperature incredibilmente alte risultanti comportano l’evaporazione dell’acqua nell’atmosfera. Questo effetto di feedback positivo viene chiamato “runaway greenhouse” . D’altra parte, il ciclo del feedback negativo che stabilizza il clima terrestre potrebbe fallire se il pianeta si venisse a trovare troppo lontano dal Sole. A tali distanze la CO2 si condenserebbe formando nubi che farebbero aumentare poi l’albedo planetario, ossia la riflessione della radiazione solare, e causare temperature superficiali minori. Se la superficie del pianeta fosse ricoperta di neve e di ghiaccio, l’albedo aumenterebbe ulteriormente. Il ciclo del feedback positivo viene chiamato “runaway glaciation” .

Per quanto riguarda Marte, al momento non si hanno prove di vita, anche se sono aperte ancora molte discussioni ssulla possibilità che una forma di vita passata possa esserci veramente stata. La temperatura superficiale attuale su Marte è così bassa che la CO2 condensa e le calotte polari ghiacciate contengono una mescolanza di ghiaccio di CO2 e di acqua (Jaumann et al., Capitolo 6). Tuttavia, il clima su Marte potrebbe non essere stato così inospitale in passato. Andando a riconsiderare la storia passata di Marte, si ritiene che il clima debba essere stato molto più adatto alla formazione di acqua liquida  in prossimità della superficie o in superficie. L’evidenza deriva dall’interpretazione di alcune immagini che mostrano delle caratteristiche geologiche superficiali (M.P. Golombek, Science 283, 1470 (1999).

Schema delle zone di abitabilità di una stella più calda del Sole, simile al Sole e più fredda del Sole (dall’alto al basso). Crediti NASA.

Secondo alcuni studi compiuti da Siegfried Franck, Werner von Bloh, Christine Bounama, e H. J. Schellnhuber, Y. Svirezhev e Matthias Steffen (Habitable zone for Earth-like planets in the solar system, Planetary and Space Science 48, 1099-1105, 2000), sulla zona di abitabilità del Sistema Solare la posizione dell’orbita marziana doveva essere dentro la zona di abitabilità almeno fino a circa 500 milioni di anni fa.

I pianeti di tipo gioviano non hanno una superficie solida o liquida coperta da un’atmosfera, nella quale si può trovare l’esistenza di qualche microrganismo. Di conseguenza si è soliti considerarli come inabitabili. Ma vi è una possibilità che alcune delle lune dei giganti gassosi si trovino dentro la zona di abitabilità Il miglior candidato per produrre un ambiente abitabile è il satellite Europa, il secondo satellite scoperto da Galileo Galilei nel 1610, che ha una densità media di circa 3 g/cm3 e di conseguenza, composto per la maggior parte di roccia ma anche di sostanze volatili. A causa di basse temperature superficiali e di addizionali sorgenti di calore interne (tidal heating) potrebbe esistere solo un substrato oceanico. Un posto molto simile a quello di Europa si ha qui sulla Terra, nel lago Vostok, in Antartide. Qui, i microrganismi sono presenti nel ghiaccio ad una profondità di circa 3 chilometri. La NASA ha in previsione uno studio dettagliato dell’oceano sotto la superficie di Europa con l’aiuto di una sonda spaziale. Un altro oggetto interessante è la luna di Saturno, Titano, con un’atmosfera ricca di metano, nella quale le reazioni proto chimiche possono aver creato molecole organiche. L’atmosfera di Titano viene studiata in questi anni (e anche in quest’ultimo anno in particolare) dalla sonda Cassini della NASA.

Lo stesso tipo di calcoli sulla stabilità descritti per il sistema solare con il Sole come stella centrale possono essere fatti per stelle di altri sistemi planetari. Tali studi sono di grande importanza perché vi sono nuove tecniche per la rilevazione di sistemi planetari extrasolari. I fondamenti di base che ci si aspetta per la HZ intorno ad altre stelle sono relativamente semplici: avere una temperatura superficiale in un intervallo confrontabile a quello terrestre; avere un pianeta orbitante attorno ad una stella centrale con una massa più piccola in vicinanza del Sole a meno di 1 UA (1 unità astronomica, ossia pari alla distanza media Terra-Sole, circa 150 milioni di chilometri); se un pianeta orbita attorno alla stella che presenta una massa maggiore del nostro Sole, tale pianeta dovrà trovarsi ad una distanza maggiore di 1UA dalla sua stella.

In realtà il problema è un po’ più complicato, in quando si devono tener conto del tempo che la stella impiega per rimanere in sequenza principale, ossia il tempo che la stella impiega per bruciare tranquillamente l’idrogeno in elio nella sua regione centrale.

Rappresentazione artistica di Kepler 22b, esopianeta scoperto qualche tempo fa dalla sonda Kepler della NASA. Crediti NASA.


I calcoli compiuti da Dole sulla HZ sono stati basati sulla sottile atmosfera ottica e su un modello con albedo fisso. In particolare Dole ha ricavato un valore di 0,725 UA per il bordo interno della HZ e 1,24 UA per quello più esterno. Hart ha calcolato l’evoluzione ipotetica dell’atmosfera terrestre su un tempo scala geologico per raggi orbitali differenti trovando che la nicchia ecologica tra i processi di ranaway greenhouse e di runaway glaciation è incredibilmente stretta per stelle simili al Sole. Partendo dal valore minimo si ricava R(inner) = 0,958 UA e come valore massimo R(outer)= 1,004 UA dove R(inner) e R(outer) sono i limiti interni ed esterni del raggio orbitale medio, rispettivamente.

Continuazione

Riferimenti bibliografici:

McKay, D.S., Gibson, E.K., Thomas-Keprta, K.L., Vali, H., Romanek, C.S., Clemett, S.J., Chillier, D.F., Maechling, C.R., Zare, R.N., 1996. Search for life on Mars: possible relic biogenic activity in Martian meteorite ALH84001. Science 273, 924-930.

Huang, S.-S., 1959. Occurrence of life in the universe. Am. Sci. 47, 397-402.

Huang, S.-S., 1960. Life outside the solar system. Sci. Am. 202 (4), 55-63.

Dole, S.H., 1964. Habitable Planets for Man. Blaisdell, New York, 185 pp.

I.S. Shklovskii, C. Sagan (Eds.) Intelligent Life in the Universe, Holden-Day, San Francisco, 1966, 509 pp. M.P. Golombek, Science 283, 1470 (1999).

S.  Franck, A. Block, W. von  Bloh, C. Bounama, H.J. Schellnhuber, Y. Svrezhev, Planet. Space Sci. 48, 1099 (2000).

M.P. Golombek, Science 283, 1470 (1999).

S.  Franck, A. Block, W. von Bloh,  C. Bounama,  H.J. Schellnhuber, Y. Svrezhev, Planet. Space Sci. 48, 1099 (2000).

Link utili:

Exoplanet.eu: Catalogo di tutti gli esopianeti scoperti: http://exoplanet.eu/catalog/
PHL-Planetary Habitability Laboratory-University of Puerto Rico at Arecibo: http://phl.upr.edu/projects/habitable-exoplanets-catalog

Sabrina

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