La caratterizzazione delle Terre lontane5 min read

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Transito di un pianeta davanti alla sua stella. Crediti ESO.

Dal momento della scoperta del primo pianeta extrasolare in orbita attorno ad una stella di sequenza principale nel 1995 da parte di Mayor e Queloz oltre 1000 pianeti sono stati scoperti e confermati secondo il The Extrasolar Planets Encyclopaedia http://exoplanet.eu/ ed oltre 2000 sono candidati potenziali secondo la missione Kepler della NASA e che verranno confermati nei prossimi mesi.

Nel corso degli ultimi quattro anni è stato possibile scoprire parecchi pianeti nell’intervallo di massa tra 2 e 10 masse terrestri, quelle che vengono definite le Super-Terre; alcuni di questi pianeti si vengono a trovare dentro oppure si trovano vicini alla zona di abitabilità della loro stella ospite. Recentemente sono stati annunciati nuovi pianeti delle dimensioni della nostra Terra e della nostra Luna, e questo numero sicuramente aumenterà in futuro.

Le prime statistiche hanno messo in evidenza che circa il 62% delle stelle della nostra Galassia potrebbero ospitare un pianeta delle dimensioni della nostra Terra mentre studi compiuti dalla missione Kepler della NASA indicano che circa il 16,5% delle stelle hanno almeno un pianeta delle dimensioni del nostro con periodi orbitali fino a 85 giorni. Per essere preparati e pronti alla caratterizzazione delle future esoterre scoperte dobbiamo prima di tutto dare uno sguardo al nostro Sistema Solare e ai suoi pianeti.

Senza dubbio la possibilità di trovare vita al di fuori del nostro pianeta guiderà la caratterizzazione dei pianeti rocciosi nel corso dei prossimi decenni. La Terra è l’unico pianeta dove la vita si sa esistere; di conseguenza le osservazioni del nostro pianeta saranno una chiave fondamentale per la caratterizzazione e la ricerca della vita altrove. Tuttavia, anche se scoprissimo una seconda Terra, è altamente improbabile che presenterebbe uno stadio di evoluzione simile al nostro. La Terra è ben lontana dall’essere in uno stato statico dal momento della sua formazione avvenuta circa 4,6 miliardi di anni fa. Al contrario, durante questo intervallo di tempo, si sono registrati numerosi cambiamenti nella composizione atmosferica, nella temperatura, nella distribuzione dei continenti e anche dei cambiamenti nelle forme della vita che l’abitano. Tutti questi cambiamenti hanno influenzato le proprietà globali della Terra se viste da distanze astronomiche. Per questo, è interessante non solo caratterizzare le osservabili della Terra come appaiono oggi, ma anche a differenti epoche.

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Una rappresentazione artistica di un pianeta osservato da Kepler. Crediti NASA.

Con lo scopo di determinare il modo in cui la Terra apparirebbe ad un osservatore ipoteticamente lontano, parecchi studi sono stati portati avanti nel corso degli ultimi anni. Le osservazioni di corpi delle dimensioni della nostra Terra sono stati uno degli approcci ossservativi utilizzati per questo scopo, fornendo uno strumento fondamentale per lo studio dello spettro della Terra nel visibile e anche nel vicino infrarosso, e nel vicino ultravioletto.

Un altro possibile approccio consiste nell’ottenere informazioni sulle caratteristiche superficiali quali oceani e continenti dai dati di EPOXI. E’ stato possibile ricostruire una mappa della superficie terrestre.

Le stelle target della missione EPOXI sono state tutte stelle con pianeti noti, in modo da poter essere certi che almeno un pianeta di ogni stella avrebbe prodotto dei transiti planetari. I sistemi con transiti planetari noti avevano tutti un solo pianeta conosciuto almeno all’inizio della missione. La missione EPOXI ha cercato dei piccoli dettagli nella variazione di luminoisità durante l’oscuramento della stella da parte del pianeta, che ha permesso di studiare la presenza di anelli e di eventuali satelliti in orbita attorno al pianeta. EPOXi ha, inoltre, rintracciato e studiato piccole variazione del periodo orbitale dei pianeti conosciuti che permettono di indicare l’influenza gravitazionale di altri pianeti in orbita attorno alla stessa stella. Infine, EPOXI ha cercato anche in modo diretto ulteriori transiti di pianeti più piccoli, troppo piccoli per essere osservati attraverso l’atmosfera terrestre.
La sonda aveva un potere risolutivo tale da poter osservare transiti planetari di oggetti con dimensioni pari a metà di quelle terrestri.

Secondo questo gruppo di ricercatori, guidati da Sanromà dell’Istituto Astrofisica de Canarias (IAC), per trovare la vita su pianeti extrasolari è  importante guardare al colore della loro atmosfera, in particolare al viola. I primi organismi che abitarono sul nostro pianeta circa tre miliardi di anni fa erano di colore viola, batteri che ora potrebbero trovarsi anche su pianeti extrasolari e venir di conseguenza identificati o riconosciuti proprio in base al colore dell’atmosfera planetaria.

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Una rappresentazione artistica di un pianeta extrasolare di colore viola che indica la presenza di batteri. Crediti NASA.

Inoltre, questi batteri devono essere vissuti a lungo prima della comparsa della vita intelligente come la intendiamo noi oggi e probabilmente sopravviveranno a lungo anche dopo la sua scomparsa.
Per andare alla ricerca di questa “firma” di batteri su altri pianeti, è stato riprodotto una sorta di modello della Terra com’era circa tre miliardi di anni fa, al fine di capire di capire se i microbi tendono a formarsi sulla terraferma oppure lungo le coste che sono ricche di elementi nutritivi. Questi microbi producono un segno visibile della loro presenza grazie alla luce totale riflessa dal pianeeta. Se questi microbi si trovassero negli oceani e vivessero lì, il colore sarebbe più difficile da osservare.

Dato che l’imaging diretto è estremamente difficile nel caso degli esopianeti, e quindi è estremamente difficile separare la stella dal pianeta e prendere un’immagine “diretta”, tutte le informazioni del pianeta sono concentrate in un unico puntino di luce, quello che ci arriva a terra. Di conseguenza, studiare la Terra è un metodo estremamente importante per capire il tipo di informazioni che ci si può aspettare da un pianeta analogo alla Terra.

Articoli:
E. Sanromà, E. Pallè, M. N. Parenteau, N. Y. Kiang, A. M. Guti´errez-Navarro, R. Lòpez e P. Montanes-Rodrıguez, “Characterizing the purple Earth: Modelling the globally-integrated spectral variability of the Archean Earth“, Instituto de Astrof´ısica de Canarias (IAC), La Laguna, Spagna,

Istituto de Astrofisica de Canarias (IAC).

Sabrina

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