Alla ricerca di pianeti abitabili: le tecniche per rilevarli6 min read

Super Venus Planet
Questa rappresentazione artistica mostra un Super Venere alla sinistra, e una super Terra alla destra. I ricercatori usano un concetto noto come “la zona di abitabilità” per distinguere tra questi due tipi di pianeti, che esistono ben oltre il nostro Sistema Solare. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Ames.

 

Vi è un solo pianeta noto, finora, che è ricco di vita. Questo pianeta è la Terra, e presenta tutte le condizioni affinchè la vita possa prosperare sulla sua superficie. Ci sono altri pianeti oltre il nostro Sistema Solare, chiamati esxoplanets o esopianeti, in grado di ospitare forme di vita?

I ricercatori ancora non conoscono la risposta a questa domanda, ma vanno alla ricerca di potenziali pianeti abitabili seguendo una serie di criteri. Idealmente, si vuole trovare dei pianeti simili alla Tera dato che noi conosciamo, senza ombra di dubbio, che la vita può formarsi e sussistere su tali corpi. La caccia è aperta per i pianeti delle dimensioni della Terra che orbitano ad una giusta distanza dalla loro stella, in una regione definita zona abitabile.

La Missione Kepler della NASA, e non solo, sta aiutando i ricercatori nella ricerca di questi mondi, a volte chiamati pianeti Goldilocks, come la favola, perchè vengono ad orbitare dove le condizioni sono adatte alla vita. Kepler e altri telescopi spaziali hanno confermato un manciata di mondi fino ad oggi che sono un po’ più grandi della Terra, due super Terre. La ricerca di un pianeta gemello al nostro, un pianeta nella zona di abitabilità, piccolo quanto la Terra, è ancora in corso.

Una parte importante di questa ricerca è la continua analisi là dove la zona di abitabilità di una stella inizia e termina. La zona di abitabilità è la fascia intorno ad una stella dove le temperature sono ideali per permettere all’acqua di trovarsi in forma liquida, ingrediente fondamentale per la vita come noi la conosciamo, da una pozzanghera fino alla superficie di un pianeta. La Terra si trova all’interno della zona di abitabilità della nostra stella, il Sole. Al di là di questa zona, un pianeta sarebbe probabilmente troppo freddo e congelato per la vita, anche se è possibile che la vita si venga a trovare sotto la superficie di un satellite. Un pianeta che si trova tra la stella e la zona di abitabilità sarebbe probabilmente troppo caldo e umido.

Il perfetto pianeta Goldilocks entro tale zona non sarebbe necessariamente la casa di qualsiasi creatura. Ma potenzialmente ha le caratteristiche perchè la vita si manifesti anche sottoforma di microbi.

In uno studio recente  ricercatori dell’Exoplanet Science Institute della NASA presso il California Institute of Technology a Pasadena, California, hanno analizzato accuratamente la posizione sia di un pianeta chiamato Keper-69c che la sua zona di abitabilità. Dall’analisi si trova che questo pianeta è 1,7 volte le dimensioni della Terra e si trova appena fuori il bordo interno della zona di abitabilità, il che lo rende più un super Venere che una super Terra, come le previsioni precedenti avevano ipotizzato.

“Sulla strada alla ricerca di Terre, Kepler ci dice molto sulla frequenza di pianeti simili a Venere nella nostra Galassia” ha affermato Stephen Kane, autore capo del nuovo paper su Kepler-69c apparso sul L’Astrophysical Journal Letters.

Per determinare la posizione della zona di abitabilità di una stella si deve prima di tutto conoscere quanta radiazione totale viene emessa. Le stelle più massicce del nostro Sole sono più calde e sono ricche di radiazione, per cui la loro zona di abitabilità è più esterna. Allo stesso modo, stelle che sono più piccole e fredde mostrano fasce di abitabilità più strette di quella del nostro Sole. Per esempio, la super Terra chiamata Kepler-62f, scoperta dal Kepler in orbita nel mezzo della zona di abitabilità intorno ad una stella fredda, si trova ad orbitare più vicina alla sua stella di quanto non lo sia la Terra. Il pianeta impiega solo 267 giorni terrestri per completare un’intera rivoluzione, in confronto ai 365 giorni per la nostra Terra.

Conoscere con precisione la distanza della zona di abitabilità dalla sua stella dipende dalla chimica. Per esempio, le molecole nell’atmosfera di un pianeta assorbiranno una certa quantità di energia dalla luce stellare e irraggeranno il resto verso l’esterno. Quanta di questa energia venga intrappolata può significare la differenza tra un mare turchese e vulcani in eruzione.

Alcuni ricercatori guidati da Ravi kumar Kopparapu della Penn State University, University Park, Pa., hanno usato questo tipo di informazioni chimiche per spostare la zona di abitabilità un pò verso l’esterno rispetto a quanto si pensava. Lo studio del team è stato pubblicato su The Astrophysical Journal ed è attualmente il modello standard nel determinare come la radiazione totale emessa da una stella sia legata alla posizione nella sua zona di abitabilità. Kane e i suoi colleghi hanno usato tale informazione per mettere a punto i confini della zona di abitabilità di Kepler-69c, oltre a varie misurazioni accurate della produzione totale di energia della stella e l’orbita del pianeta.

“Il comprendere le proprietà della stella è  fondamentale per determinare le proprietà planetarie e il calcolo della misura della zona di abitabilità di quel sistema” ha affermato Kane.

Ma vi sono altri fattori che vengono a determinare se un mondo lontano da noi sviluppa o meno una vegetazione lussurreggiante e delle spiagge. Eruzioni dalla superficie delle stelle chiamati brillamenti solari (flares) per esempio, possono devastare i pianeti.

“Vi sono un sacco di domande senza risposta sull’abitabilità” ha affermato Lucianne Walkowicz, membro di Kepler Science Team a Princeton University, N. J. che studia le sstelle che presentano flares. “Se il pianeta fosse pieno di radiazione legata ai flares prodotti dalla sua stella, la superficie non sarebbe un luogo molto piacevole per viverci. Ma d’altra parte, se vi è dell’acqua liquida, che fa un ottimo scudo alla radiazione molto energetica, allora forse la vita potrebbe prosperare negli oceani”.

I flares possono anche privare i pianeti della loro atmosfera, complicando ulteriormente il quadro. Questo è particolarmente vero per le stelle più piccole e fredde, che tendono ad essere più attive delle stelle come il nostro Sole.

Idealmente gli astronomi vorrebbero sapere di più sulle atmosfere di potenziali pianeti abitabili. In questo modo si potrebbe guardare al discorso molecolare del pianeta per eventuali segni segni di gas ad effetto serra che potrebbero indicare un pianeta inospitale alla vita come lo è Venere. I nostri futuri telescopi spaziali potranno anche essere in grado di raccogliere le firme dell’ossigeno, dell’acqua, dell’anidride carbonica e del metano, indicatori del fatto che il pianeta potrebbe essere la casa di qualcuno.

Il futuro James Webb Space Telescope della NASA ci porterà più vicini a questo obiettivo, sondando le atmosfere dei pianeti, alcuni dei quali potranno trovarsi in zone di abitabilità. La missione non sarà in grado di esaminare le atmosfere dei pianeti piccoli come la Terra, quindi dovremo aspettare un altro futuro telescopio per separare i futuri Veneri dalle Terre.

Fonte Planet Quest: In the Zone- How Scientists search for Habitable Planets .

Sabrina

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