Stelle e sistemi planetari3 min read

Non tutte le stelle possono dirsi adatte a possedere un sistema planetario. A rivelare quali però possono esserlo forse è il loro spin decisamente basso.

Rappresentazione artistica delll'influenza del campo magnetico protostellare sulla nube progenitrice.
Rappresentazione artistica delll’influenza del campo magnetico protostellare sulla nube progenitrice.

Le moderne teorie di genesi stellare ci dicono che le stelle si formano dal collasso di una nube molecolare composta da gas e polveri interstellari. Eppure il momento angolare generalmente osservato nelle nubi molecolari è ben più elevato di quello della stella finale. Devono intervenire quindi uno o più  processi che in fase di contrazione protostellare disperdono la quantità di moto iniziale della nube, altrimenti si arriverebbe ad un punto in cui la forza centripeta arriva ad eguagliare la forza gravitazionale distruggendo la protostella.
Uno di questi è ovviamente l’attrito viscoso tra le molecole della nube in contrazione che permette il trasferimento di momento angolare  dal centro verso la periferia della nube. Un altro meccanismo è dovuto alla conversione dell’energia gravitazionale delle singole particelle in energia termica (radiativa). Eppure anche sommando queste singole componenti si scopre che non sono ancora sufficienti a giustificare una perdita così marcata di momento angolare nella protostella. Questo significa che, almeno da un certo punto in poi, deve intervenire anche qualche altro processo di frenatura.
Questo processo si chiama Rallentamento Magnetico (in inglese  Magnetic Braking).
La conversione di energia gravitazionale in energia termica ionizza il gas protostellare  che perdendo elettroni, si carica elettricamente e acquista proprietà magnetiche durante il suo moto.
Le linee di campo conseguenti collegano la protostella al disco protostellare facendole perdere altro momento angolare, stavolta sufficiente insieme agli altri due meccanismi già noti ad impedire la rottura della protostella [1].
Comunque li spin risultante è sempre piuttosto alto, nell’ordine di diverse centinaia di chilometri al secondo per le stelle più grandi (classe O [2]). Ad esempio, il Sole senza i pianeti avrebbe una velocità angolare intorno ai 100 km/s.
Studi spettroscopici su centinaia di stelle di ogni tipo spettrale compreso tra O e M ha dimostrato che le stelle delle classi O, B e A, le più massicce, posseggono una velocità di rotazione compresa tra i 200 e i 350 km/s. mentre a partire dal tipo spettrale F c’è un rapido declino da circa 100 km/s. del tipo F0 ad appena  10 km/s. per il tipo G0 [3] Per spiegare questa perdita di momento angolare (spin) nelle stelle dalla classe F in giù  è immaginabile che i meccanismi di frenatura siano molto più efficienti rispetto a quelli che intervengono nelle stelle di tipo O, B e A.  Molto probabilmente fin dall’inizio della loro esistenza le stelle più massicce (che producono venti stellari molto più intensi rispetto alle stelle più piccole) disperdono le polveri protoplanetarie molto più in fretta, prima che  queste avessero modo di dissipare l’ancora notevole momento angolare. Nelle stelle di massa inferiore alle 1,6 \(M_{\odot}\) i venti stellari sono molto meno efficaci nel disperdere le nubi protoplanetarie; così i materiali protoplanetari possono continuare a disperdere il momento angolare delle loro stelle per finire poi a condensarsi in pianeti.

Per questo le migliori candidate a possedere un sistema planetario adeguato alla vita come la conosciamo sono le stelle a partire da una massa di 1,3 \(M_{\odot}\) (F5) in giù. Sono stelle di taglia medio-piccola e piccola che possono garantire almeno 4 \(G_y\) e oltre di permanenza nella Sequenza Principale e rappresentano almeno il 70 -75% delle stelle in una galassia alla stesso stadio evolutivo della nostra.

Riferimenti:

  1. I. Yi, "Magnetic braking in spin evolution of magnetized T Tauri stars", The Astrophysical Journal, 0. http://goo.gl/8XtR8g
  2. D. McNally, "The distribution of angular momentum among main sequence stars", The Observatory, 0. http://goo.gl/nSVBoZ

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