L’alchimia della vita8 min read

Sono molti i parametri che debbono essere presi in considerazione per poter considerare un esopianeta potenzialmente abitabile. Per inciso è giusto ricordare che anche se un pianeta può superare l’esame di tutti gli indici possibili non significa necessariamente che questo possa essere adatto ad ospitare forme di vita, come un pianeta può benissimo possedere un proprio ecosistema vitale pur avendo indici completamente diversi da quelli sin qui considerati.

Questo perché finora sappiamo di un solo pianeta che ospita la vita su cui possiamo calibrare le nostre conoscenze, il nostro.

In passato su queste pagine ho illustrato l’Earth Similarity Index (ESI) 1 un indice compreso tra 0 e 1 che tiene conto di diversi parametri fisici come temperatura, gravità, dimensioni e densità di un esopianeta per stabilirne la similarità con la Terra.

I pianeti extrasolari potenzialmente abitabili sono coloro che potrebbero sostenere ogni forma di vita, dalle forme più semplici come i procarioti fino a quelle più complesse come gli organismi multicellulari capaci di creare biosfere più complesse.

In base all’unico caso che conosciamo – e che in fondo più ci riguarda – i parametri più importanti da prendere in considerazione sono la temperatura, la presenza di acqua allo stato liquido e i gas atmosferici necessari alle due grandi biosfere del pianeta: il biossido di carbonio per i vegetali e l’ossigeno per gli animali.

Acqua

Senza la vasta presenza di acqua liquida oggi la Terra sarebbe un pianeta morto.
Credit: Il Poliedrico

Il composto chimico solvente necessario a tutte le attività metaboliche  delle forme di vita a base di carbonio è l’acqua: H2O 2.

L’acqua è uno dei composti chimici più abbondanti di tutto l’universo. I corpi più esterni di un sistema stellare in genere hanno molta più acqua dei corpi più interni, perlopiù sotto forma di ghiaccio. I corpi interni invece contengono pochissima acqua perché si sono formati in un ambiente della nebulosa protoplanetaria  molto caldo (700 – 1000 K) e perché questa è molto sensibile alle radiazioni stellari che possono dissociarla nei suoi elementi fondamentali – idrogeno e ossigeno – o farla sublimare direttamente. In genere l’acqua presente vicino ad una stella è all’interno di rocce che la proteggono dalle radiazioni, su asteroidi o mondi.

Mentre sui mondi più esterni – non mi riferisco necessariamente ai pianeti gassosi giganti ma ai loro satelliti – l’acqua è abbondante 3,  sui pianeti interni è infatti molto più rara. La relativa abbondanza – rispetto agli altri pianeti interni – di acqua sulla Terra è ancora al centro del dibattito scientifico.

Sulla Terra sono presenti tutti e tre gli stati fisici possibili dell’acqua, il cosiddetto punto triplo, ossia l’acqua qui è presente allo stato naturale sia come solido, come liquido o gas. Questo perché la temperatura, pressione atmosferica e irraggiamento luminoso della nostra stella consentono questa particolare condizione. Ma se lo stato solido non è determinante per l’esistenza della nostra biosfera come non lo è lo stato gassoso, lo è invece l’ampio intervallo della temperatura che consente all’acqua di rimanere allo stato liquido.

Ma se l’acqua allo stato liquido è un ottimo solvente polare necessario alla vita come noi la conosciamo, può anche rendere un pianeta potenzialmente sterile. Tutto dipende dai minerali presenti sulla crosta planetaria e il livello di concentrazione dei soluti che l’acqua liquida raggiunge sulla superficie del pianeta.

Sulla Terra le caratteristiche chimico-fisiche dei liquidi extracellulari sono simili a quelle dell’acqua di mare 4, quindi è abbastanza lecito supporre che la concentrazione di minerali e ioni nella crosta planetaria sia determinante allo sviluppo, o al suo mancato, della vita sull’esopianeta.

La quantità di acqua liquida disponibile su un esopianeta è estremamente importante per lo sviluppo della vita. Se da un lato la sua carenza può compromettere lo sviluppo della vita a causa dell’elevata concentrazione di soluti, il suo eccesso può essere altrettanto pernicioso.

Una troppo bassa concentrazione di sali minerali disciolti nelle acque di un esopianeta può altrettanto inibire la comparsa della vita.

Aria

Marte e la Terra: due mondi e due storie evolutive lontanissime.

Non è affatto vero che l’atmosfera di un esopianeta debba corrispondere agli attuali canoni terrestri, ma  ciononostante alcuni punti fermi sono necessari.

La pressione atmosferica gioca un ruolo determinante per mantenere l’acqua allo stato liquido. Il punto di ebollizione di un qualsiasi liquido si raggiunge quando la pressione di vapore 5 è uguale alla pressione esercitata sul liquido dalla pressione ambientale circostante e si manifesta con una caotica produzione di vapore all’interno del liquido. Questo significa che con il diminuire della pressione ambientale diminuisce di conseguenza la temperatura necessaria all’ebollizione, un fattore quindi cruciale per la nascita e lo sviluppo della vita stessa.

Per quanto riguarda la composizione chimica di una atmosfera planetaria, questa è soggetta a mutare nel tempo, quindi è difficile stabilire da quali gas possa essere composta, anche se molti esperimenti indicano che una atmosfera riducente 6 ricca di idrogeno sia preferibile.

Quando la vita si affermò su questo pianeta, l’atmosfera era ben diversa da quella attuale. Si suppone che siano stati dei procarioti fotosintetici come le attuali alghe azzurre a cambiare radicalmente l’atmosfera terrestre sottraendo azoto e biossido di carbonio rilasciando ossigeno come prodotto di scarto. La CO2 atmosferica così fissata sarebbe precipitata come strato inerte di carbonato di calcio (CaCO3) mentre l’azoto atmosferico sarebbe stato trasformato in ammoniaca – utile per i successivi processi evolutivi – e rendendo i mari un po’ più alcalini.

L’ossigeno è un elemento molto reattivo e per questo tende a rimanere intrappolato nelle rocce mediante il processo di ossidazione 7 ma lo stesso meccanismo può inibire la formazione delle catene proteiche e lo sviluppo della vita. Eppure una sua prolungata (per milioni di anni) produzione da parte dei procarioti fotosintetici può cambiare drasticamente la composizione atmosferica di un pianeta sostituendosi al biossido di carbonio e modificare la temperatura di un pianeta.

Temperatura

La temperatura planetaria è a sua volta sensibile alla composizione atmosferica. Alcuni gas come il biossido di carbonio, il metano e il vapore acqueo sono trasparenti alle lunghezze d’onda inferiori ma assorbono – e riemettono – nell’infrarosso. Questo comportamento chiamato effetto serra, è insieme alla radiazione della sua stella il principale responsabile della temperatura di un pianeta 8.

Un equilibrio termodinamico che permette l’esistenza di acqua allo stato liquido è quindi frutto di delicati stati intimamente interconnessi tra loro.

Su Venere ad esempio l’acqua allo stato liquido 9 non ha sottratto gran parte del biossido di carbonio dalla sua atmosfera perché le condizioni ambientali del pianeta ne hanno impedito l’esistenza fin dall’inizio. Questo ha permesso alla CO2 di dominare l’evoluzione atmosferica fino a raggiungere i valori di temperatura e pressione attuali.

La vita

Esistono forme di vita estremofile che riescono a vivere e prosperare in condizioni che vanno al di là dei parametri presi in considerazione in questo articolo come ambienti estremamente caldi (>120° C.) o ambienti estremamente acidi (pH < 3) grazie a particolari adattamenti biologici 10 e così via. Quasi sicuramente le loro incredibili capacità sono frutto di adattamenti ambientali di nicchia e non sono quindi determinanti per la nascita della vita, che probabilmente è un processo molto più delicato. Piuttosto indicano che la vita è capace di adattarsi e prosperare in ambienti che normalmente non ci aspetteremmo.


ResearchBlogging.org

Spiegel, D., & Turner, E. (2011). Bayesian analysis of the astrobiological implications of life’s early emergence on Earth Proceedings of the National Academy of Sciences, 109 (2), 395-400 DOI: 10.1073/pnas.1111694108

Schulze-Makuch, D., Méndez, A., Fairén, A., von Paris, P., Turse, C., Boyer, G., Davila, A., António, M., Catling, D., & Irwin, L. (2011). A Two-Tiered Approach to Assessing the Habitability of Exoplanets Astrobiology, 11 (10), 1041-1052 DOI: 10.1089/ast.2010.0592

Note:

  1. ESI: Earth Similarity Index, Progetto Drake 30 luglio 2012.
  2. Anche in questo caso occorre precisare che la presenza di acqua liquida su un pianeta non significa automaticamente  che sia in grado di supportare la vita, almeno come la conosciamo.
  3. Basti pensare che Europa, un satellite di Giove, possiede un oceano profondo circa 100 km sotto uno spesso strato di ghiaccio mentre gli oceani terrestri arrivano appena a 4 km. Europa possiede sei volte più acqua della Terra e il suo raggio è appena un quarto di quello terrestre.
  4. Vedi i lavori di René Quinton agli inizi del XX secolo.
  5. La  pressione di vapore  o di equilibrio della tensione di vapore è la pressione esercitata da un vapore in equilibrio termodinamico con le sue fasi condensate (solido o liquido) ad una determinata temperatura in un sistema chiuso. Si riferisce alla tendenza delle particelle di sfuggire dal suo liquido (o dal suo solido).
  6. Si dice atmosfera riducente quando questa è estremamente povera di ossigeno.
  7. Questo processo avvenne sulla Terra circa 2, 5 miliardi di anni fa (L’antica storia della Terra, Il Poliedrico 2 luglio 2010.) durante il Neoarcheano e prende il nome “La Catastrofe dell’Ossigeno”.
  8.  Sulla Terra primigenia l’ossigeno molecolare sostituì gran parte della CO2 e provocò un drastico calo della temperatura del pianeta, che dovette attraversare un lungo periodo di glaciazione globale (Effetto Palla di Neve).
  9. Il Biossido di carbonio è solubile in acqua e la maggior parte di questo gas è disciolto negli oceani terrestri. Anche in questo caso la presenza di acqua liquida svolge il ruolo di termoregolazione anche controllando appunto i livelli di CO2 in essa disciolti.
  10. Gli acidobatteri per esempio riescono benissimo a controllare il loro pH interno grazie alla loro capacità di pompare protoni al di fuori del citoplasma, mentre gli ipertermofili usano proteine che riescono a rimanere stabili a temperature molto alte.

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